Genitori che non lasciano andare i figli: si chiama dipendenza affettiva e non va bene

Non sempre il rapporto tra genitori e figli evidenzia dinamiche sane e positive, questo è il caso della dipendenza affettiva: i comportamenti che un genitore dipendente mette in atto

Genitori dipendenza affettiva
Madre e figlio (Pexels)

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Proprio come ogni altro tipo di relazione, anche quella che unisce i genitori ai propri figli dipende molto anche dal rapporto con il sé. Non di rado, quando si sviluppano alcuni comportamenti disfunzionali nel ruolo genitoriale, vengono successivamente svelate alcune problematiche relative al percorso personale. Queste vengono riversate nel legame con i figli, dove si cerca una compensazione di alcune mancanze irrisolte, che creano quella che si definisce una dipendenza affettiva.

Tale forma di attaccamento, solitamente attribuita alle relazioni romantiche, può in realtà caratterizzare qualsiasi forma di legame, incluso quello genitoriale. Un’eventualità che impedisce la corretta educazione e sviluppo dei figli, i quali soffriranno gli effetti negativi di questo soffocante modello. Quali sono i motivi e i comportamenti che si concretizzano in una dipendenza affettiva dei genitori verso i figli e come aprire gli occhi su una serie di dinamiche negative e lesive del benessere.

Genitori dipendenti dai figli: i comportamenti

Genitori dipendenza affettiva
Genitori (Pexels)

La dipendenza affettiva è una forma di patologia relazionale che evidenzia tratti ossessivi e possessivi, oltre che una serie di emozioni contrastanti, nonché stati d’animo ansiosi e negativi. Si tratta di una situazione che riguarda qualsiasi tipo di relazione, professionale, amicale e amorosa, ma quello che non tutti sospettano è che riguarda anche la genitorialità. Purtroppo esistono diversi legami tra genitori e figli che evidenziano tratti dipendenti, anche reciprocamente, impedendo la totale realizzazione di entrambi i soggetti, soffocati dalla morbosità del rapporto stesso.

I genitori dipendenti solitamente cercano di compensare le proprie mancanze, derivate da un percorso personale irrisolto o da insoddisfazioni sul piano sentimentale, riversando sui figli la totale attenzione. Questa non si rivela come una modalità di protezione nei loro confronti, bensì è l’esigenza del genitore di sentirsi utile a portarlo ad assumere comportamenti di controllo nei confronti dei figli. Questo tipo di comportamento impedisce il figlio di sviluppare autonomia, proprio per soddisfazione del bisogno di sentirsi essenziale del genitore, che adotterà dinamiche evidentemente disfunzionali dall’esterno.

Spesso sono figure che si rivolgono ai figli in modo incoerente con la loro età e il grado di maturità raggiunto, dimostrazione dell’ansia di abbandono che il genitore sperimenta. Quest’ultimo sarà infatti portato a vivere l’ansia della responsabilità di questa compensazione, più o meno consapevolmente, oltre che imparare un modello di attaccamento negativo e l’insuccesso di un proprio pieno sviluppo. In caso di segnali di allarme, come il legame diretto tra la propria autostima e il rapporto con i figli, o il desiderio di esercitare controllo sulle loro scelte, è possibile compiere un lavoro su se stessi al fine di risolvere le dinamiche disfunzionali, per una maggiore serenità propria, dei figli e del rapporto che vi intercorre.

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