Neonato morto a Roma, parla il luminare: “Non è obbligatorio…”

Non accennano a placarsi le polemiche relative alla tragica morte del neonato a Roma. A parlare è ora uno dei migliori esperti in ostetricia.

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Una madre con il suo bimbo (Canva) – Haircare.it

La morte del neonato di soli 3 giorni al Pertini di Roma ha suscitato grande sgomento e clamore nel nostro Paese, suscitando la reazione di numerose donne che si sono strette attorno al dolore infinito della giovane neomamma.

Tante hanno dato la loro testimonianza sui social, parlando spesso direttamente della loro esperienza post-parto e delle difficoltà riscontrate nelle ore subito successive.

La vicenda è ormai tristemente nota: la trentenne, nella notte tra il 7 e l’8 gennaio, dopo aver allattato il suo bimbo di soli 3 giorni, avrebbe chiesto al personale di rimanere ancora qualche minuto con lui, mentre si trovava sdraiata in una corsia dell’ospedale Pertini di Roma.

Sfortunatamente, sopraffatta dalla stanchezza, si sarebbe addormentata con ancora tra le braccia il piccolo, senza che nessuno degli infermieri arrivasse a prenderglielo. A scoprire il corpo esanime del neonato, un’infermiera, solo molto tempo dopo.

“Più volte ho chiesto in reparto di essere aiutata, perché non ce la facevo da sola e di portare per qualche ora il bambino al nido per permettermi di riposare, eppure mi è stato detto sempre di no” ha spiegato ancora sotto choc la madre al Messaggero.

Neonato morto a Roma: l’opinione autorevole dello specialista

Ora, a dire la sua proprio al quotidiano romano è il dottor Antonio Lanzone, direttore del reparto ostetrico del Policlinico Gemelli della Capitale, parlando del cosiddetto rooming in, ovvero il fatto che dopo il parto il neonato stia con la madre nella stessa stanza, ritenuto un momento fondamentale per il legame madre-figlio.

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“Il rooming in prevede che ci sia un accompagnatore. Noi al Policlinico Gemelli per esempio lo abbiamo realizzato ristrutturando camere singole, per cui l’accompagnatore può dormire con la gestante” ha spiegato il medico, specificando che qualora l’accompagnatore non possa esserci, il bimbo viene portato al nido.

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Una donna incinta (Canva) – Haircare.it

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Lanzone ha inoltre specificato quanto il rooming in non sia obbligatorio, e vada eventualmente eseguito in condizioni di sicurezza. Tuttavia, ha anche sottolineato quanto la carenza di personale medico possa provocare problemi: “Porta certe conseguenze che poi purtroppo si scaricano sull’ultimo anello della filiera, che è quasi incolpevole”. Una tragedia evitabile, quindi, e sulla quale il dibattito non accenna a placarsi.

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